Ho avvertito un bisogno impellente di scrivere qualcosa su questo meraviglioso libro.
Non perchè voglia suggerire metodi interpretativi, bensì per la sola ragione che sento il dovere di elogiare, nel mio piccolo, questo grande pezzo di letteratura. Spero gradirete 
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Il mio essere sfacciatamente “devota” all’individuo donna (nella sua totalità) Anna Marchesini non mi consentirebbe di scrivere parole diverse da quelle che seguono. Posso dire che ho iniziato a leggere questo libro il giorno prima di un esame e ho deciso di ricominciarlo circa tre/quattro volte poiché sin dalle prime righe si avverte lo spessore di una scrittura “ricercata e impegnata” che necessita di un assortimento ben fornito di attenzione,di stasi, di una gittata di vuoto, di annullamento, che tracci uno spazio consono a questo tipo di lettura.
In numerose culture la figura del bambino veniva e viene considerata come un “non ancora individuo”, in quanto essere fragile e non ancora pronto a svolgere le attività dei grandi, quasi prigioniero di un limbo che non gli concede di esistere in quanto uomo, anche se ancora cucciolo; ma senza andare troppo lontano nel tempo e nello spazio, guardando alla nostra società è facile scorgere infanti ridotti dai genitori stessi a mere personificazioni di egoismi, messi al mondo per tappare qualche buco, per soddisfare qualche istinto genitoriale. La figura del bambino si declassa ad un “oggetto da accudire”.
Anna con questo libro, che sia o meno la sua esperienza personale, ci trasmette il sommo insegnamento che individui si nasce. La bambina del romanzo, come qualsiasi bambino, è piombata in uno spazio già delineato e capisce che questa visione particolare del mondo le apparterrà per diverso tempo, e perciò deve farla sua, in ogni minimo particolare. L’avventura comincia da lì: quando avverti la vita che ti circonda e la interiorizzi secondo la tua “forma”, il tuo personalissimo modo d’essere.
Gli occhi dei bambini sono occhi nuovi: ogni giorno hanno di fronte qualcosa per cui spalancarsi e incuriosirsi. Come un amplificatore la bambina dilata la sua sensibilità di individuo, senza la consapevolezza che è adulta per definizione, e convive con l’ambiente che è stato scelto per lei. In un’epoca di pargoli più ligi e rispettosi poiché figli di genitori più “sani”, lei ubbidisce a questi, ne subisce le convinzioni, ne accetta le fragilità.
Inevitabilmente avverte la tristezza e l’infelicità in dei piccoli frangenti, quasi fossero direttamente proporzionali alla sua statura, ma osserva anche i grandi dolori degli altri, quelli da cui sembra impossibile risollevarsi; Anna ne osserva la continuità, la crescita o l’attenuazione, in un andamento sinuoso di una linea destinata all’eterno persistere.
Complici il silenzio e la solitudine, che pochi accettano ma che tutti patiscono, con una grande prova di “umanità” da questi lei ne trae un modo per concentrarsi sull’unicità di quei momenti, sui fattori che li caratterizzavano, portandosi così avanti nel tempo, assaporando anzi metabolizzando prima ciò che di frequente caratterizza l’età adulta.
La piccola Orvieto o il piccolo terrazzino per la piccola Anna sono forse spazi troppo limitati dai quali evadere con l’immaginazione ed il pensiero, il vedere oltre l’apparenza delle cose: il Sogno permane quel “gigante” da inseguire fino alla fine.
E cosa se non la letteratura può riuscire a sbaragliare qualsiasi limite di spazio di tempo e di persone? Queste parole dei libri vissute così intensamente, così quotidianamente. Forse solo una bambina può riuscire ad avere questo rapporto privilegiato con l’arte, magari invitando a cena qualcuno dei personaggi di cui aveva appena letto le gesta.
La componente religiosa rilascia un notevole apporto restrittivo a quell’esistenza: la bambina avverte un dio dal quale è impossibile tranne un beneficio spirituale, un dio che incombe attraverso la mamma o il vescovo e che tutto giudica e poco ammette: non c’era scampo con la prima confessione.
Paradossalmente questo libro è un inno alla vita, alla bellezza percepibile in ogni cosa; ed è inoltre la materializzazione di un grande sogno, quello della piccola protagonista, che ha conosciuto la miseria umana ed ha saputo coltivarla, amarla come una parte del proprio io, ed elevarla ,dopo tanti anni, “ricamandovi intorno”, all’immortalità propria dell’Arte.